SUI PASSI DEI NOVENANTI DI IERI E DEI PELLEGRINI DI OGGI, LUNGO  I CAMMINI DEL LAGO OMODEO PER CRESCERE COME COMUNITA' CHE LODA E SI PRENDE CURA DEI FRATELLI E SORELLE E CUSTODISCE LA CASA COMUNE.

40 cammini per poco più di 400 chilometri alla scoperta degli 11 paesi del lago Omodeo, un angolo di Sardegna ricco di storia e di siti archeologici millenari, di tradizioni e di luoghi intrisi di fede millenaria da percorrere a piedi per raggiungere le 23 chiese campestri e le oltre 30 chiese erette all'interno dei piccoli paesi attorno all'Omodeo. Sei pronto?

Vieni e ripercorri i passi dei novenanti. Uomini e donne, bambini e anziani, adulti e giovani, un'intera comunità, pronta a lasciare la propria casa per nove giorni all'anno e andare ad abitare nei muristenes, che nel tempo hanno formato, attorno alla chiese erette in onore del santo, dei veri e propri villagi dove permanere sino al termine della festa.

Infatti, con grandi sacrifici, non poche famiglie, a motivo della loro forte devozione al santo, si costruivano un tetto nel novenario.  

Sorgevano così una serie di piccole case, dette muristenes, affiancate l'una all'altra, a formare una sorta di recinto, disposte in modo da circondare, quasi a voler abbracciare la piccola chiesa.

I muristenes permettevano la permamenza al nucleo familiare in forma stabile. Si aveva in tal modo un rifugio sicuro per la notte e un ambiente per consumare le provviste portate dal paese; per tutti gli altri, locali e forestieri, i ripari erano assicurati negli spazi adiacenti alla chiesa, sebbene non chiuse, tuttavia si poteva contare almeno su un posto dove collocare un giaciglio al coperto; l'acqua si prendeva dal pozzo, là dove c'era, oppure presso la sorgente più vicina; la legna per la cottura del cibo, invece, veniva raccolta sul posto. Comunque dentro casa non si stava quasi mai, se non lo stretto necessario per dormire e per consumare i pasti.

Lo sciame dei bambini intenti ai giochi rallegravano ogni ora del giorno genitori e anziani seduti sugli usci delle proprie case.

Il rincorrersi dei bambini, il loro vociare riempiva di vita e gioia gli ampi spazi attorno alla chiesa, rallegravano tutti, specie gli anziani, che nel vederli ripensavano alla loro infanzia, in quel medesimo posto, settanta e più anni prima, e l'intero villaggio, nel profondo, avvertiva di essere una comunità fedele alla tradizione e per questo unita e viva. Sì, ci si sentiva una grande famiglia, abbellita dalle tradizioni, ricca di identità e di una fede semplice e al contempo robusta e condivisa .

La chiesetta col suo santo era un luogo di silenzio, poco illuminato, per favorire il raccoglimento e la preghiera ad ogni ora del giorno.

Uno spazio e un tempo per ricordare a tutti che Dio c'è e compie grandi cose mediante l'intercessione dei suoi amici, i santi e le sante, in primis la Beata Vergine Maria, e gli arcangeli, la cui devozione risulta assai diffusa.

Si abitava tutti, infatti, nell'unico grande cortile, attorno alla chiesetta, che restava sempre aperta. Essa era la casa di tutti e dove tutti si sentivano a casa, protetti e amati. 

Fuori dalla chiesa, ecco, invece, i bambini, davvero tanti, spensierati, intenti ai loro giochi tradizionali e ad apprendere usi e costumi dei loro genitori, della famiglia allargata, la comunità tutta, in un contesto altro da quello del resto dell'anno, ma pur sempre avvertito "come se si fosse sempre nel proprio paese"; e in quel gran cortile anche le donne, conclusi i pochi lavori domestici, avevano a disposizione parecchio tempo per rinsaldare le amicizie e i saperi;

Alla sera la novena e i canti dei gosos.

Tutti, poi, sul tardi, partecipavano con fede e devozione alla novena presieduta dal Rettore, con accanto l'immancabile sacrista, sempre pronto a intonare i gosos mentre alle donne spettava il compito di pregare le poste del rosario. Non di rado, il sacerdote e la sorella, che fungeva da perpetua, avevano la loro casetta adiacente alla chiesa stessa, seppure talvolta, per impegni pastorali inderogabili, il rettore si vedeva costretto a rientrare in paese a piedi e più di una volta.  

Quel luogo che i loro padri avevavo scelto dove edificare un ponte tra cielo e terra, quei nove giorni trascorsi insieme, quel determinato santo o santa, quella festa fatta di riti sempre uguali e accolti da tutti, avevano la capacità di attrarre e cementare corpi e anime sostendoli anno dopo anno, generazione dopo generazione. Essi vi attingevano la forza e il senso cristiano per continuare ad andare avanti dinanzi alle difficoltà e alle prove della vita. 


Nove giorni per caricarsi consci che l'ultimo giorno della festa non segnasse la fine bensì la promessa, nutrita dalla speranza, di darsi appuntamento di nuovo in quello stesso luogo, se Santu Micheli, Santu Nicola, Sa Mamma 'e Deus.... lo avessero voluto, ancora tutti insieme a novenare, anche l'anno successivo, come una sola, bella e grande famiglia unita dagli stessi ideali di fede e solidarietà umana. 

Gli uomini, dal canto loro, si ritrovavano in gruppetti a parlare di lavori e affari per l'avvenire, gustando un buon vinello, in un clima disteso,
di viva cordialità e di festa. E nel dopo cena, prima di andare a riposare,
al chiaro di luna o grazie alla luce di una lucerna alimentata con olio di lentischio, si ascoltavano i racconti
di un tempo. Sempre gli stessi, di anno in anno, in modo tale che si sedimentassero nella memoria dei più piccoli che, a loro volta, li avrebbero raccontati tali e quali, ai loro.

IL GIORNO DELLA FESTA.
Il panegirico. Su cumbidu ( l'invito) in piazza. I profumi dell'arrosto. I balli.

Mentre si faceva la conta alla rovescia e si approssimava il giorno solenne della festa, alla quale accorrevano anche dai paesi vicini, attraverso antichi sentieri, come quello che collega Ardauli a Santa Maria Turrana di Sorradile, si era felici e dispiaciuti al contempo. Felici perché si raggiungeva il culmine della festa con la messa cantata, preceduta dalla processione, e il panegirico al santo doverosamanete in limba, con un predicatore di grido, invitato dal parroco molto tempo prima, per ascoltare per l'ennesima volta vita e miracoli del loro santo narrato da colui che ne sapeva molto più di loro perchè "aveva studiato molto negli anni del seminario sino a diventare dattori de teologia". E poi, dopo l'ite missa est, ecco che in ogni angolo del novenario si udiva la musica della fisarmonica a rallegrare tutti insieme del buon vino offerto dal Presidente del comitato dell'anno e dai suoi aiutanti perché venisse sorseggiato in bicchierini mentre le donne, quasi a passo di danza, sbucavano dalle rispettive casette con dei vassoi strapieni, riempiti di dolci, molti di mandorla, confezionati con cura e maestria, nei giorni precenti alla festa. 

Il silenzio devoto dei fedeli, veniva interrotto dagli spari al momento dell'elevazione, per annunciare, a quanti erano dovuti restare a casa, il momento preciso della consacrazione del pane e del vino, frutto di tanto lavoro nei vigneti del paese e nei campi arati e poi seminati a grano e fecondati dalle piogge. In queli momenti, anche chi era nei muristenes s'inginocchiava come fosse in chiesa per adorare il mistero del pane diventato corpo di Cristo e del vino divenuto sangue. E così rimaneva sinoa che non si fosse completata la batteria o fosse esploso l'ultimo colpo di fucile. E, poi, ecco che si giungeva al termine della messa, al pranzo della festa, pure quello solenne. 

Il fumo saliva dai comignoli di tutti le casette spandendo per ogni dove il profumo inequivocabile degli arrosti, che pervadevano, colpa del vento, senza soluzione di continuità tutti gli spazi, pure quelli sacri, a tal punto da imporsi di gran lunga sull'incenso, che pure riempiva, come fosse nebbia la chiesetta gremita di fedeli;

e poi, dopo l'ite missa est, ecco che in ogni angolo del novenario si udiva la musica della fisarmonica a rallegrare tutti insieme del buon vino offerto dal Presidente del comitato dell'anno e dai suoi aiutanti perché venisse sorseggiato in bicchierini mentre le donne, quasi a passo di danza, sbucavano dalle rispettive casette con dei vassoi strapieni, riempiti di dolci, molti di mandorla, confezionati con cura e maestria, nei giorni precenti alla festa. 

Il pellegrino di oggi si pone alla scuola del novenante di ieri e si scopre in uscita, alla ricerca di comunione, identità e bellezza.

Chi compie i cammini #AroundTheLakeOmodeo desidera sperimentare un po' tutto questo così da riscoprire ancora oggi la bellezza di essere comunità in uscita o meglio in cammino; una comunità che mentre cammina insieme, ammira e respira la bellezza del creato, per lasciarsi illuminare dal Santo Spirito per vedere persone, avvenimenti, il creato alla luce della parola del Signore; una comunità che gioisce e perciò canta al Creatore che gli parla mentre attraversa antichi sentieri, odora il profumo dei fiori di campo, si stupisce del passaggio di un gregge, per la fatica di una salita, mentre si disseta ad una sorgente e ascolta in un profondo silenzio un brano della sua parola. E scopre sempre più di appartenere ad una comunità che ogni giorno lavora per costruire la città degli uomini e che, passi quel passi, s'impegna nel prendersi cura della Casa comune come pure dei poveri di questa terra, coltivando relazioni di amore e di vera solidarietà verso i propri consimili, che riconosce come fratelli e sorelle impegnati a dare una testimonianza gioiosa e credibile dell'amore che Dio ha operato per mezzo del suo Figlio per la nostra salvezza. .